venerdì 12 febbraio 2016

Alla lunga, la tolleranza genera più mali dell'intolleranza. (Emil Cioran, L'inconveniente di essere nati, 1973)



Succede: mi fermo per pensare a ruota libera - capita frequentemente - e scopro di aver preso, in un momento imprecisato, la decisione di non tollerare più tutta una serie di stronzate che la "civiltà" odierna pretende di imporre. Una di queste è lo scontro: ormai è bandito, proibito, esiliato. Non intendo quello militare (che già ha i suoi problemi) ma quello fra le persone. Sono nato e vissuto in quell'arco temporale dove si menavano le mani, dall'asilo all'università, dall'oratorio al campo di basket. Per tanto o poco che fosse ci si picchiava perché se dicevi o facevi una cosa che superava il limite, subito dovevi fare a cazzotti. Lo dovevi fare in quanto il tuo interlocutore (a volte erano al plurale) non tollerava quello che avevi detto o fatto, provava rabbia e la esprimeva in un misto di parole e fatti: i cazzotti, appunto.
Questo era un bene, anzi un benissimo, così imparavi che le parole e i gesti e i fatti hanno un limite e se lo superi finisce a botte. Non aveva nessuna importanza vincere o perdere, comunque si davano e si prendevano ed era propedeutico per capire che non puoi avere troppi "nemici" perché non puoi passare la vita a menarti come se non ci fosse un domani. Lapalissiano, no? Fare a pugni significava qualche naso e mano sanguinante, occhi pesti e male ai testicoli ma ne valeva la pena, il limite della tolleranza tua e degli altri era chiaro e preciso come il teorema di Pitagora. S'imparava quindi a non infastidire, petulare, fastidiare (magari come verbo non esiste ma rende l'idea): insomma, a non essere rompicoglioni. Se tu superavi o un altro superava questo limite, scattava immantinente la lotta.
Purtroppo oggi - nel senso da qualche lustro - non è più così. La mancanza di socializzazione fra i ragazzi nella vita di tutti i giorni, il passare ore e ore fra pc, console e smartphone ha ottenuto il risultato che questi non si menano più. Riescono a sopportarsi ma non a conoscere i limiti della tolleranza perché non si frequentano quasi mai “dal vivo”. Ergo non sanno e non capiscono che esistono questi limiti e che rendersi fastidiosi ecc ecc verso gli altri vuol dire, a un certo punto, costringere la gente a incazzarsi e rispondere perlomeno a tono. Ma questa società "civile" non vuole che accada, scherzi?, e ti obbliga a "dialogare e parlare" e se qualcuno ti infastidisce è una “provocazione” e devi vincere con le tue ragioni. Stronzate. 
Se uno vuole discutere di ragioni mi sta bene però lo deve fare in modo da non darmi fastidio. Significa sviluppare a priori una sensibilità attraverso cui nota il segnale di fastidio iniziale e si ferma in tempo. Invece no: loro non hanno mai scazzottato quindi non hanno mai imparato a distinguere la linea dell'intolleranza, un lampeggiante “stop” impossibile da ignorare. Su internet, poi, non ne parliamo: siccome non puoi neanche menarti, son tutti leoni da tastiera dove credono sia lecito dire quello che vogliono sfinendoti e non potresti (società docet) avere neanche il diritto di sfancularli.
Spiacemi ma i limiti ci sono e ci tengo anche molto a mantenerli tali: limitatissimamente limitati. Voi  fanciulli siete convinti che tutti vi debbano sopportare e tollerare ma sono vecchio e da giovine facevo a cazzotti. Quando uno - appositamente o meno - mi provocava otteneva cazzotti. E lo stesso facevano gli altri con me. Se siete dei “provocatori”, se le vostre frasi irritanti entrano nel novero delle “provocazioni”, ebbene io vi mando tranquillamente a soddisfare le voglie di chi preferisce il retro al fronte. Senza nessun pentimento postumo. Non è una questione di avere delle ragioni o meno. Me ne fotto delle ragioni se la gente non si premura di non rompermi il cazzo. Quando il rischio della scazzottata era nell'aria, prima di interagire con una persona ci si chiedeva al volo se si voleva diventare un problema per lui. E se la risposta era sì, bisognava anche chiedersi di quanto si voleva diventarlo. Oggi non più: tanto, dietro il monitor non succede nulla. Però, anche nel mondo di internet, esistono dei luoghi dove è possibile mettervi in difficoltà, fanciulli: cancellarvi da un social, bannarvi da un forum (essere moderatore in alcuni offre grandi possibilità al riguardo) piuttosto che segnalare urbi et orbi quanto siete rompicoglioni. Non per altro vengo rimproverato sovente perché banno facilmente. Sbagliate: non è vero che è facile. Semplicemente ho stabilito dei limiti oltre i quelli non potete "esistere nel mondo virtuale" e quindi vi banno o cancello. Ripeto: se siete fastidiosi date fastidio e a me il fastidio non piace. In altre parole: io non ho mangiato la mela e quindi adesso devo partorire con dolore e guadagnarmi il pane con il sudore della fronte: quella è roba per i santi e io a quelli non credo. Pertanto non son tenuto a sopportarvi. Così, non me ne frega una mentula di argomentare, se infastidite: io sono tra quelli che hanno deciso di non tollerare. Rompete gli zebedei e vi sfanculo. Vi comportate in maniera insultante e vi sfanculo. Secondo la società odierna il dialogo è moralmente obbligatorio, ci vuole il contraddittorio e non so che altro. Non mi interessa la malata società odierna. Quindi fanculo a lei e a voi infastidenti.
In verità, come non avete capito che essere fastidiosi sul web porta comunque a delle conseguenze, così non avete capito che anche nella vita reale succede; se siete quelli fastidiosi, provocanti, fraintesi, quelli della verità scomoda o siete complottisti, quelli del rompere l'ipocrisia o altro ancora, vi staranno alla larga tutti. Se non riuscite a parlare senza irritare e poi dite di “essere stati fraintesi”, rompete i coglioni e la gente preferisce un’afta epizootica alla vostra compagnia. Se avete sempre una verità scomoda da declamare, dopo un pochino uno si stufa di tutta questa scomodità (dopotutto non ho mai fatto voto di sapere la verità a costo di rimetterci il fegato e tra il fegato e la verità mi tengo il fegato) e cambia poltrona.
Se fuori da Internet siete le stesse persone, e non vedo come potrebbe essere diversamente, la gente ne ha piene le palle di voi. E vi evita perché siete dei petulanti rompipalle. Così, andate per forum, social, blog a commentare (!). Ecco: quando mi capitate fra i piedi o vi riconosco dai post (siete come le impronte digitali: facili da individuare) posso fare quello che fanno gli altri quando andate da loro con la verità scomoda e gli rompete le ipocrisie con le vostre provocazioni. Sfancularvi, cancellarvi, bannarvi. Non ho il dovere di dovervi sopportare oltre lo stretto necessario per eliminarvi. Non sono tenuto al contraddittorio né al dibattito.
Non sono tenuto a nulla se non al mio piacere di vivere in pace.