giovedì 31 dicembre 2015

"Con quale desiderio Lei entra nell'anno nuovo?" Con il desiderio di essere risparmiato da domande del genere.



A chi ama dormire ma si sveglia sempre di buon umore.
A chi saluta ancora con un bacio.
A chi lavora molto e si diverte di più.
A chi va in fretta in auto ma non suona ai semafori.
A chi arriva in ritardo ma non cerca scuse.
A chi spegne il televisore per fare due chiacchiere.
A chi è felice il doppio quando fa la metà.
A chi si alza presto per aiutare un amico.
A chi ha l'entusiasmo di un bambino e i pensieri di un uomo.
A chi vede nero solo quando è buio.
A chi non aspetta il nuovo anno per essere migliore.



Buon 2016 a tutti.

venerdì 25 dicembre 2015

Ama i tuoi concorrenti. Sono gli unici che ti rendono tanto bravo quanto puoi esserlo. (Harvey B. MacKay)

I clienti, non i concorrenti, decidono chi vince (posto che vi sia un vincitore).




Ma di che scrivo?
Non della polemica sul preside e il suo no al Natale; può anche andar bene, però niente Ramadan o comunque tradizioni religiose varie, allora.
Non della direttrice e delle canzoni "troppo natalizie"; certo, a Natale tutti intoniamo canzoni Heavy Metal.
Non di Severgnini che pretende d'insegnare alla Fallaci il mestiere; a forza di scrivere le stesse cose qualche stronzata doveva pur fuoriuscire dal suo cervello, peccato.
Non della solita questione su cosa inquina di più fra l'auto elettrica e le centrali per produrre l'energia per alimentarle; c'è pur sempre Darwin, se non lo capite.
Non del fatto che la Formula E non si disputerà a Lugano nel 2016 perché sarebbe lungo elencare i mille idioti del "no questo no"; ricorda nulla il partito del no?
E non della querelle della camicia svizzera che sembra un segno razzista nei confronti delle minoranze etniche; oh, my God, pure questa ci doveva capitare.
Oggi parliamo di poker; no, non quello da bisca - per piacere! - ma quello sportivo.

Sì, parliamo di poker nei casinò perché - finalmente - anche a Lugano si potrà giocare avendo una valida alternativa alla più conosciuta Campione d'Italia, a un tiro di schioppo sull'altra sponda del lago Ceresio.
Il fatto, in poche parole e per coloro che di poker sportivo non ne masticano: a Lugano il casinò cittadino ha inaugurato, dopo anni di inedia simili a quelli trascorsi dalla Bella Addormentata nel Bosco in attesa del principe azzurro, una nuova stagione dedicata alla suddetta disciplina mandando in fibrillazione il concorrente diretto, finora unico e assoluto signorotto del feudo.
Ma perché mai dovrei parlarne rischiando di farne un editoriale e neanche a pagamento? Perché si è innescata la solita, tipica "italianità" da parte di chi credeva d'essere l'unico a poter dettar legge e invece adesso si trova costretto al confronto con chi mette in campo metodi nuovi offrendo valide alternative al solito tran tran.
Una pecca che ci si poteva risparmiare evitando così una delle solite figuracce che accompagnano di norma gli italiani e per le quali siamo, ahimè, conosciuti. Infatti con una reazione che rasenta l’isteria siamo capaci di azzerare professionalità e capacità lasciando emergere la più trista improvvisazione. E queste cose mi fanno adontare.

Parliamoci chiaro: mica possiamo mettere in competizione sullo stesso piano i due casinò! Prima di tutto, pochi ci pensano, ma si trovano in Stati diversi e quindi con regolamentazioni fiscali diverse; quello di Campione può contenere oltre ottocento persone sedute contemporaneamente ai tavoli mentre quello di Lugano circa duecentosessanta. Quindi, per logica, una serie infinita di tornei sono perfetti nel primo ma impossibili da giocarsi nel secondo.
Ora, a me giocatore, quel che più importa non è chi l'ha più lungo e duro ma chi offrirà il meglio affinché possa divertirmi e giocare quindi con piacere.
Dalla prime impressioni (Lugano ha aperto a metà Dicembre) e dalle conversazioni fatte o captate è chiaro come il sole che Carlo Savinelli, poker manager di Lugano e giocatore professionista di certa fama, ha puntato sulla qualità dei servizi: bevande gratis e cibo a prezzi equi portati direttamente ai tavoli da gioco, attenzione all'architettura degli spazi (emblematica la “zona fumatori” degna di questo nome, correttamente isolata), offerta di ristorazione e di hotel a prezzi decisamente competitivi e poco svizzeri. Si è anche dato da fare contando sulla sua personale amicizia con player molto famosi e professionisti per creare una scuola unica al momento e gratis per chi vuole partecipare alle sessioni d’insegnamento. Ha strutturato  una offerta di tornei particolare che non riguarda solamente il solito hold'em. Insomma, per usare un termine caro ai professionisti del marketing, ha fatto, sta facendo e farà di tutto per “deliziare” i clienti. In più si è premurato di spiegare a tutti – credo lo abbia detto anche a quelli che portano i cani a passeggio nel vicino Parco Ciani – che non è in competizione con Campione, non ci sono i presupposti, non c’è neppure la stessa filosofia imprenditoriale, soprattutto non ci sono gli spazi. E’ ovvio, logico e sacrosanto che cerchi di puntare a obiettivi diversi.
D'altro canto a Campione il buon Andrea Bettelli (poker manager del casinò) ha sparato fuori a raffica una serie di tornei da pochi euro con montepremi succosi nel tentativo di arginare...Ecco, arginare cosa? Un giocatore è portato a pensare, è inevitabile, che se non ci fosse stato Lugano, a Campione manco gli veniva in mente d'investire così tanto e quindi ben vengano nuove possibilità di gioco e di servizi: migliorano l'offerta e allargano il range  di partite più consone ai propri desideri.

La concorrenza non è mai un male né per chi vende né per chi compra, è invece uno stimolo per spingere verso l'alto la qualità dei prodotti offerti. I veri competitor (tiè, uso pure un altro termine markettaro) semmai li dovrebbero individuare insieme e far fronte comune, non ci sono poi così tanti chilometri di distanza dal casinò concorrente più vicino a entrambi.

mercoledì 23 dicembre 2015

Natale è il solo periodo dell’anno in cui un uomo barbuto può deporre un pacco di cui non si conosce il contenuto e ripartire senza che nessuno si inquieti.




Uno splendido natale a tutti coloro che amo, apprezzo o comunque sopporto. 
A tutti gli altri un fantastico fanculo con la speranza che scompariate per sempre (chissà se Santa Claus mi regalerà questa piccola gioia?).

Enjoy at all:)

lunedì 21 dicembre 2015

Quando si guardano troppo le stelle, anche le stelle finiscono per essere insignificanti.

Mi è capitato - e mi capita tuttora - di essere "sbeffeggiato" per determinati miei pensieri e comportamenti da persone che sia sui social/forum sia dal vivo mi definiscono mostro o animale e anche egoista e insensibile perché mi sono adontato per Parigi ma non per Beirut o per la Nigeria o altro ancora e perché distinguo i morti di serie A, B, C e oltre. Vi dirò una verità dolorosa ma inconfutabile: è normale. E non vale solo per me.

Se dovesse succedere qualcosa (e si intende qualcosa simil Parigi, chiaro) a qualcuno a me vicino, sarei  particolarmente colpito e anche sconvolto. Sarebbe normale.
Se capita qualcosa nel mio paesello o nella mia regione è normale che mi agiti.
Se in un paese, nel senso di stato sovrano, affine al mio che riconosco come familiare succede qualcosa mi preoccupo.
Quando tutto questo capita in paesi che non conosco, distanti non solo geograficamente e popolati da persone a me non affini, mi limito a constatare che è successo qualcosa di molto brutto e basta. Morta lì.

Mettere tutto sullo stesso livello è una stronzata, chiaramente di matrice di quelli che non sopporto in primis – sì, avete capito bene, parlo di quelli quelli - perché significa non interessarsi a nulla: se uno provasse davvero dolore per ogni strage o problema irrisolvibile del mondo sarebbe già morto da un pezzo di dolore o suicida per disperazione. Dichiarare di preoccuparsi per tutto farà sentire quelli quelli forse politicamente corretti e moralmente superiori, in realtà sono solo completamente stupidi.
E' vero, da un punto di vista etico e astratto non ci sono morti di serie A o di serie B o altro ancora ma la percezione che ognuno di noi ne ha - di quelle morti - ammette tutte le sfaccettature possibili. 
Un’ultima riflessione: ogni giorno siamo bombardati da notizie di stragi, epurazioni, omicidi di massa. Ci stiamo abituando alle morti collettive, l’informazione-catastrofe è il veleno quotidiano di questo primo stralcio di secolo. Ci viene somministrato a piccole dosi ed è già entrato in circolo secondo un programma di assuefazione del quale è difficile individuare l’ideatore. Se continuiamo così presto anche la perdita di un parente stretto sarà vissuta nell'indifferenza. Ma probabilmente accadrà in un futuro per fortuna ancora abbastanza lontano. Di quello i quelli quelli – scusate il bisticcio di parole – dovrebbero preoccuparsi se davvero avessero a cuore le sorti del mondo da lasciare ai nostri bis e tris nipoti.

giovedì 17 dicembre 2015

Le fulmicotonate (aka battute umoristico-sarcastico) di Daniele Villa

Anche quest'anno vi propongo le più belle (a mio giudizio) battute scritte da Daniele Villa.




1) Il più pessimista al mondo sull'amore comunque non è Leopardi, ma Mastrota che vende il materasso singolo garantito per 20 anni.

2) Non mi sembra il caso di prendere in giro la Cristoforetti quando lei parla 5 lingue e alcuni di noi se gli dici "Hello" rispondono "Spank".

3) Stasera alle ore 21 su Canale 5 c'è "Quello che le donne vogliono". Quindi non si sa cosa c'è stasera alle 21 su Canale 5.

4) M'avete cresciuto dicendomi che la figlia del dottore si scopava le civette e ora volete farmi credere nella famiglia tradizionale???

5) Ma davvero vi stupite per il doping in Russia? Pensavate che ascoltassero Pupo, Al Bano e Toto Cutugno senza prendere niente?

6) Battiato non si rompe il femore, al massimo lui ha "Turbamenti che ostacolano il cammino sulle vie che portano all'essenza"

7) Ieri tutti francesi, oggi tutti greci. Spero non accada nulla in Liechtenstein perché non so come cazzo si chiamano gli abitanti.

8) Il figlio di Tsipras è tornato con la pagella:
"Papà, devo recuperare un debito..."
"BASTAAAA CAZZZOOOOO"

9) Contro i vecchietti della posta persino i terroristi si arrenderebbero:
"FERMI TUTTI HO UN AK47!"
"Giovanotto io ho il 46, son prima"

10) I primi dubbi su Giuda vennero quando alla tombola di Gerusalemme urlò: Trentatrè Gli anni di Cristo!".

11) "Ehy bimbo quanti anni hai?"
"5"
"Hai scritto a Babbo Natale?"
"No, ho creato una wish list sul mio iPad e gliel'ho sharata con Dropbox"

12) Ha ragione Bagnasco, il problema delle malattie nelle coppie gay è serio.
Due maschi in casa con 37.1º di febbre chi cazzo li cura???

13) Volevo dire a Dio che l'amore è un dono bellissimo ma se fai la busta coi soldi non sbagli mai.

14) Quando sarai mamma capirai
Mamma, veramente sono un uomo
Ah, allora non capirai un cazzo

15) "Vado a fare il bagno, ciao!"
"Ma c'è bandiera rossa!"
"Ok allora vado a fare il bagno bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao"

16) Notavo che quando fa freddo i Testimoni di Geova sono molto meno interessati alla nostra salvezza.

17) Non vorrei sembrare troppo pessimista sulle sorti della mia Banca ma mi hanno appena regalato un'agenda Gennaio-Aprile 2016.

mercoledì 16 dicembre 2015

C'è sempre una prima volta...

...e questa è la storia della mia prima volta che esco a metà di uno spettacolo teatrale.




E' capitato ieri sera: al Sociale di Bellinzona c'era “Qualcuno volò sul nido del cuculo” che molti di voi ricordano per il famoso film americano tratto da un libro altrettanto a stelle e strisce di Ken Kesey.
Orbene, tale Maurizio de Giovanni e il teatro e fondazione di Napoli - con la regia di Gasmann - ne adattano il testo spostandolo in italia e più precisamente ad Aversa nel 1982. E fin qui, nulla da dire. 
Peccato che ne sia uscita una rappresentazione parateatrale semidialettale in napoletano a volte stretto che impediva di capire cosa cazzo dicessero i pur bravi attori.
Ci sono i famosi sette internati, un’ infermiera e una suora, due addetti alle pulizie e il medico. Ora, chi recita per almeno l'ottanta per cento dello spettacolo è il protagonista: lui parla come se fosse un personaggio di De Filippo, così come i due addetti. E' vero che c'è anche uno dei pazienti che spiccica quattro frasi in emiliano ma si autotraduce quando pronuncia cose poco comprensibili.
Io non ho nulla contro il dialetto partenopeo quando la commedia è tale – appunto il grande De Filippo, per fare un esempio - ma questo spettacolo avrebbe stonato comunque se fosse stato parlato in veneto piuttosto che in un altro dialetto. 
Mentre l'adattamento ha sicuramente senso per poter meglio incanalare in pochi metri quadri le varie atmosfere più vicine al senso e al gusto nostro, l'uso di un qualsiasi dialetto è da giro di chiglia: a meno che non si volesse trasporre l'opera in una commedia dialettale. A questo punto però te la guardi dove la comprendono, non la porti in giro neanche per l'italia e figurarsi all'estero. Qui hanno toppato alla grande sia il direttore del teatro che il regista che a mio avviso hanno preteso troppo. Non per niente il teatro era semivuoto e ho la certezza che chi ha riso, almeno sino alla fine del primo atto, lo ha fatto perché parla come il protagonista o sull'assoluta fiducia.

Insomma ho passato con la mia signora (che non mai riso, anzi era immobile in modo preoccupante. Poi mi ha spiegato che si sforzava di non perdere neanche una parola, l’illusa) la prima ora e quaranta a seguire con fatica. Gli attori hanno bravura da vendere ma mi sono annoiato e ci è scappato pure uno sbadiglio contenuto a fatica. Sì, come l'Imperatore Giuseppe II nel film di Forman quando ascolta Mozart che dirige Le nozze di Figaro: sbadigliando interrompe la rappresentazione.  In verità andò in modo diverso: non sbadigliò per noia ma per impedire che venisse chiesto il bis, altrimenti l'esecuzione di un'opera già di per sé lunga sarebbe continuata all'infinito. E annoiandomi chatwinamente mi chiedevo "che ci faccio qui?". Così, nell'intervallo, un paio di sguardi d'intesa con la mia signora sono bastati per andare con nonchalance verso il guardaroba e poi uscire come se fosse la cosa più naturale del mondo.