lunedì 25 aprile 2016

Presupposti di omicidio letterario


Offro volentieri spazio all'appello accorato di un editore svizzero, Gabriele Capelli.


Buongiorno a tutti
nell'ambiente (letterario ticinese) si sta facendo largo la voce che la RSI intende porre fine al programma “Librintasca” (RSI RETE UNO) condotto da Rossana Maspero. Già lo hanno spostato alle dieci di sera, che è tutto dire.
Se la notizia dovesse essere confermata la cosa sarebbe assai preoccupante, per motivi molto semplici che vado ad elencare:




Professionalità: Rossana Maspero dimostra sempre grande professionalità nel dirigere la trasmissione e nel scegliere i titoli da presentare. Non si fa mai influenzare da pressioni esterne o da nomi importanti. Le sue scelte si concentrano sulla qualità dei contenuti. Mette in un cantuccio i suoi gusti personali basandosi soprattutto sulla qualità letteraria, sia che si tratti di scrittori esordienti che di scrittori affermati. Sembra ovvio da dire ma Rossana Maspero legge sempre i titoli che presenta. Non ha mai recensito un solo libro basandosi unicamente sulla quarta di copertina o i comunicati stampa delle case editrici. Ha sempre letto tutto ciò che ha presentato. Questo è quello che si definisce un lavoro di qualità.
Servizio pubblico: se la RSI, come ente pubblico, non mantiene una qualità sopra la media, allora vedo un futuro piuttosto buio. Non dobbiamo dimenticare che la Svizzera non possiede materie prime, ma può solo mettersi nelle mani di menti ben formate e di larghe vedute. Come le si ottiene? Garantendo, senza troppo lesinare, mezzi importanti per ricerca scientifica, formazione, cultura, educazione. Vogliamo che i giovani di oggi diventino persone con capacità di astrazione, fantasia, innovazione, apertura mentale, che abbiano menti preparate alle incognite del futuro, che non si limitino a dare ascolto a poche voci ma che si facciano un’idea più ampia su quello che vedono, sentono, leggono; giovani che siano in grado di pensare con la propria testa e non con quella degli altri, che vadano a votare con il “cervello” e non con la “pancia”; insomma, vogliamo una popolazione preparata alle sfide quotidiane?
Bene, anche una trasmissione di cultura ben curata e di qualità fa la sua parte, e se non lo fa per primo il “servizio pubblico” allora siamo messi male.
La cultura di e per tutti: durante la sua trasmissione Rossana Maspero presenta libri ma soprattutto invita ospiti. Autori che hanno la possibilità di spiegare, descrivere, raccontare. Autori che smettono i panni di “nome in copertina” e si mostrano nella loro umanità, scendono dal piedistallo (spesso costruito da altri) e si avvicinano al lettore, che alla fine (alcuni lo dimenticano) è quello che tiene in piedi un mercato che solo in Svizzera muove circa tre miliardi di franchi (per chi ama le cifre). Al lettore incontrare l’autore piace molto, altrimenti non si spiegherebbero le grandi affluenze di pubblico nei vari festival letterari.
Librerie ed Editori: ovviamente per gli addetti ai lavori la trasmissione “Librintasca” è una gran cosa. Incuriosisce e, non è certo un segreto, aiuta librerie ed editori. L’ascoltatore va in libreria e cerca il libro di cui ha appena sentito recensioni o commenti. Lo acquista, lo legge, ne parla. Si creano discussioni, polemiche, amicizie e chi più ne ha più ne metta. Quando il dibattito è intelligente, fa solo bene.
Un programma così non risolve certo la crisi del libro, ma è meglio del silenzio assoluto. È un oasi che deve essere non solo preservata, ma alimentata.

Ricordiamoci che dal palinsesto RSI è già sparita la trasmissione di Fazioli “Festa mobile”. Anche quella di qualità e non più proposta.
Invito quindi tutti gli amanti della lettura ad inviare una mail molto semplice, tipo: “Per favore non toglieteci Librintasca… e rimettetelo in una fascia oraria diurna”. Poi lo firmate.

Indirizzate a: maurizio.canetta@rsi.ch (voglio sperare che non vengano aggiunte volgarità perché sarebbe un comportamento grave e vanificherebbe il senso del messaggio).


mercoledì 20 aprile 2016

Se pensate che l'informazione sia troppo onerosa, provate a vedere quanto si paga l'ignoranza.



Avete alquanto rotto i coglioni col referendum...
In quanti modi avete rotto i coglioni? Lasciate che li enumeri virgolettando le vostre affermazioni:

1. "avete rinunciato ad esprimere il voto"
No, porca di quella qualsiasi divinità vi illudiate pensi a voi!
Il referendum abrogativo è costruito proprio in modo che, in un paese con un'intelligenza media superiore ai 75 punti di QI, solo chi vota SI vada a votare.
Se uno vuole votare NO, sta a casa e ha votato! Nel referendum abrogativo stare a casa è espressione chiara di volontà sul quesito referendario. Andare a votare per votare NO è un'idiozia visto che serve solo ad "aiutare" chi vota SI a raggiungere il quorum.

2. "Non era il referendum, era l'occasione di mandare un messaggio"
Il fatto che "voi" e non-abbastanza-milioni di amici vostri abbiate deciso che non è un referendum, non cambia il fatto che è solo ed esclusivamente un referendum. Volete mandare un messaggio? Scrivete, manifestate, fate quello che vi pare, ma non rompete il cazzo: questo era un referendum.

3. "Trivelle, natura, capitalisti, yadda yadda"
Quindi non avete capito una mentula nemmeno sul referendum in sé. Ottimo. Infatti avete bellamente ignorato il mare di analisi serie sul quesito referendario messe (gratis) a disposizione di chi voleva documentarsi. Ovvio che se invece avete cercato informazioni in siti che si chiamano qualcosa come "anarchico è bello", "okkupato, prova dopo" o simili, avete sbagliato sapendo di sbagliare.

4. "Ma il referendum è uno strumento del popolo..."
E infatti il popolo si è espresso, vedi punto 1. E già che ci siamo, anche qui vi beccate comunque un cartellino rosso, cari ignorantelli sprovveduti, visto che questo referendum non è stato ottenuto con la raccolta di firme (vedasi referendum di iniziativa popolare) ma è stato richiesto direttamente da alcune regioni per motivi che definire politicamente poco limpidi è un cortese eufemismo.

5. "Ma i petrolieri cattivi seguiteranno a fare..."
... esattamente quello che potevano fare prima e che avrebbero seguitato a fare se avesse vinto il SI. Vedete, questo è il problema principale dell'essere ignorantelli sprovveduti: non avere nemmeno una vaga idea di cosa sarebbe e non sarebbe cambiato in un caso o nell'altro.

A questo proposito urge un aggiornamento del disposto costituzionale che preveda alcune semplici domande nella scheda in grado di invalidare la medesima in caso di risposte errate. Cito le prime che mi vengono in mente:
a) Domande di cultura generale per validare il voto a politiche e amministrative.
b) Domande specifiche sull'argomento per validare il voto referendario.
Lo so che la maggior parte della gente non se ne rende nemmeno conto ma a me comincia a rodere il culo che il mio voto valga quanto quello di un coglione convinto che se avesse vinto il SI:
- Renzi si sarebbe dovuto dimettere;
- le trivelle sarebbero sparite (e la fatina dei pozzi avrebbe provveduto a sigillare il sito);
- i petrolieri cattivi avrebbero dovuto versare 200 euro sul conto corrente di ogni probo cittadino;
- gli onesti sarebbero andati in parlamento su un barile alato di petrolio nostrano (500.000 tonnellate annue estratte, corrispondenti al 9,1 per cento della produzione nazionale e pari allo 0,8 per cento degli italici consumi).
Non informarsi è un diritto, per carità, esattamente come la libertà di opinione...sarebbe carino però un po' di rispetto per l'intelligenza altrui, concetto che tradotto per gli ignorantelli sprovveduti suona così: non vi volete informare? Allora tenete per voi le vostre opinioni o al massimo scambiatevele nei vostri circoletti pseudoculturalparrocchiali. Volete invece spargere la vostra opinione ai quattro venti? Allora abbiate l’intelligente pudore di capire prima di cosa parlerete!



Infine, qualcuno mi spieghi come questo "proteggerebbe la natura".
Nella scheda la frase prima di quella da elidere riporta che i titoli in essere sono fatti salvi (e resta lì anche se vince il SI), l'unica cosa che cambia è la durata che non è più la vita utile del giacimento.
I titoli in essere hanno validità media di 15 anni comunque prorogabili fino a 45, ben oltre la vita utile media stimata di un giacimento nel Mediterraneo. Non metto qui le fonti da cui ho tratto questi dati – anche se non sembra amo i miei lettori - ma volentieri le pubblicherò a richiesta.
Ah, sarebbe stata cancellata anche la clausola sul rispetto delle normative sulla sicurezza e salvaguardia ambientale, giusto per completare il quadro di sconsolante e becera disinformazione. Ultima cosetta: ma quanti sono i soldi spesi per questa pagliacciata? Non sarebbe stato più etico, civile e corretto discutere la cancellazione di una frase (di questo si tratta, in fondo) in parlamento?



Non votare ad un referendum è un modo di esprimere dissenso, non solo in merito al quesito, ma anche e soprattutto nei confronti del referendum stesso e della sua opportunità. Astenersi per non far raggiungere il quorum è un mezzo lecito e democratico di esprimere la propria idea di dissenso. Ma oggi il dissenso sta diventando una malattia e qualcosa di odioso, per cui è giusto offendere e infangare chi non la pensa come noi. Prima accetteremo che referendum e elezioni sono due tipi di consultazione molto diversi che in comune hanno solo gli aspetti pratici e logistici, prima ricorderete che in Italia il Presidente del Consiglio non è mai stato eletto perché non lo prevede il sistema elettorale e che "fermare le trivelle" è uno slogan affascinante ma privo di contenuti come "tutti a casa", prima conquisteremo quella coscienza di popolo che tanto ci manca ma che, per pura presunzione, qualcuno è convinto di avere e di poter comunicare semplicemente alzando la voce e offendendo chi la pensa diversamente.




E visto che il referendum "doveva salvare il mare a favore delle rinnovabili", vediamo quanto ne sapete di energie di questo tipo:

1. Fotovoltaico: i contadini al posto di coltivare la terra la affittano a speculatori che con gli incentivi statali guadagnano un pozzo di quattrini...Come saranno smaltiti i pannelli quando saranno obsoleti? Mistero della fede.

2. Biogas: ci sono due categorie, gli agricoltori e i soliti speculatori. I primi producono gas con i loro scarti e utilizzano parte dell'energia per la loro azienda e il resto la vendono mettendola in rete. I secondi comprano le cascine abbandonate e ci piazzano dentro una falsa azienda agricola che compra il necessario per fare biogas da contadini e immettono tutta la corrente prodotta in rete pagata 26 centesimi al kw da Enel...A voi costa 0,06 da Enel. I verdi rimandati in matematica per i prossimi due millenni.

3. Oli vegetali: si usano al posto del diesel e, per produrli, vengono create piantagioni da cui ricavare olio di palma, colza, e affini...Peccato che si debbano disboscare foreste per dare spazio alla sempre maggior richiesta e anche qui incentivi statali a 0,26€/kw...Rimandati come sopra.

4. Pirogassificazione del legno: viene bruciato in caldaie in pressione e rilascia un gas combustibile. Non si usa solo lo scarto del legno ma per fare il cippato per alimentare questi reattori...Inutile discutere del divario costo/ricavi.

Però voi che parlate tanto già lo sapevate vero? Lo so che sono ripetitivo ma la parola “coglioni” seguita a rimbombarmi in testa...




Fonti: Blacksaphire, Ministero sviluppo economico, Manrico Social. 
Immagini da Facebook. 

giovedì 14 aprile 2016

Fregatene. Fregatene di cosa ne pensa la gente. Fregatene dei loro giudizi. Pensa solo a te stesso e stupiscili! - Kobe Bryant

A un certo punto uno mi ha detto: "Beh, il problema dei Gran Premi è che recentemente sono diventati noiosi e inoltre tu sei da sempre un malato di nostalgia, al ginnasio rimpiangevi le medie, alle medie le elementari, eccetera."
Ora: non è colpa mia se quando avevo vent'anni c'era The River di Springsteen e oggi va forte Justin Bieber...
Dopo di che, non è colpa mia se Senna-Prost-Mansell non ci sono più.
E da oggi non ci sarà più Kobe Bryant: così come Larry Bird, Kareem Abdul-Jabbar, Magic Johnson, Robert Parish, Shaquille O'Neal o Charles Barkley o ancora Michel Jordan.
E non è colpa mia se Springsteen è (molto) meglio della musica di oggi.



Questa è una storia che inizia oltre 20 anni fa.

Nel variopinto mondo delle paytv, all'epoca, c’era Tele+. Un’epoca con molti meno canali e molto meno spettacolo, senza internet, streaming e altre forma di informazioni che non fossero il Televideo.
La mattina, però, Tele+ passava “SportCenter” una sorta di striscia quotidiana sullo sport USA. Io e mio fratello, prima di andare a scuola (!) guardavamo gli highlights della notte dei campionati americani: MLB, NHL, NFL ed ovviamente NBA. Ed era spettacolo puro.

Poi ci fu il draft del 1996 durante l’estate. Io stavo per iniziare l’ultimo anno di liceo; la squadra per cui simpatizzavo fin da bambino, grazie ad un tipo con la maglia numero 32 di nome “Magic”, prese sotto contratto un ragazzino che aveva finito le scuole superiori 1 mese prima. Un mio coetaneo, in pratica. Quel ragazzo si chiama Kobe Bryant.
Appresi che questo ragazzino avesse vissuto in Italia. Buffo. Durante l’ultimo anno di scuola, la mattina guardavo i risultati della notte: i Lakers, guidati da un giovane centro molto molto grosso con la maglia numero 34, stavano facendo una bella stagione. Ed il mio coetaneo, che certo non partiva titolare tutte le partite, pure si difendeva, lasciando intravedere che il ragazzo avesse delle qualità.
Qualità che esplosero in una carriera che è già nel mito, dove probabilmente ha vinto molto meno di quanto avrebbe dovuto per tanti piccoli motivi. Ho passato nottate a seguire i playoff NBA, a vedere quello che era “un giovane interessante” diventare “un ottimo giocatore” transitando molto velocemente verso “una Leggenda del basket”.
Ho visto partite incredibili, dormendo 3 ore a notte per soffrire coi Lakers. Ho visto la tripletta d’inizio millennio, l’incredibile sconfitta contro Detroit nel 2004, ho visto gli 81 punti e un quantitativo di “game winners” da far saltare un paralitico sulla sedia. Ho visto la sconfitta con Boston, e la doppietta 2009-2010. Ho visto quella memorabile gara 7 delle finali del 2010 dove a metà del terzo i gialloviola perdevano di 13, e poi non si è capito più nulla.

Ho visto purtroppo quella rottura del tendine di 3 anni fa, e la tua testardaggine a volerci riprovare. Ho visto altri 2 infortuni, ho visto un uomo di 35 anni fare ancora magie con lampi di una classe infinita. Ho visto un sacco di cose fatte da quel ragazzo sempre un po' meno giovane ma ancora capace di cose incredibili.
Stamattina, mi sono svegliato e come 20 anni fa ho controllato subito i risultati della notte NBA. Non c’è SportCenter, c’è l’app NBA. Non c’è il televideo o Tele+, c’è Sky. Ma per un’ultima volta c’è ancora Kobe.
Ho visto che nella tua ultima partita hai pensato bene, per non sbagliare, di farne 60. Ho visto tutti i canestri e ho visto alcuni di quei movimenti che per anni han fatto piangere le difese avversarie ed esplodere i commentatori.

Chi se ne frega di chi è stato o sarà il numero 1 2 o 3 di questo gioco. Hai fatto sognare me e miliardi di appassionati in tutto il pianeta.
Grazie di tutto, Kobe



Da un post di Giulio Astarita su Facebook

mercoledì 13 aprile 2016

Teatro Sociale di Bellinzona: Medea



La tragedia e la vicenda umana ed esistenziale di Medea, nella lettura di un autore contemporaneo come Anouilh, assumono significati universali di straordinaria attualità: Medea è l’altra, la straniera, temuta ed emarginata, a prescindere dai suoi comportamenti, una donna di forti sentimenti che non riesce ad integrarsi. Medea vive con passione la propria vita e in questo si può ricondurre ad ogni donna di ogni epoca. Il testo di Anouilh rileva la sorprendente attualità di questo classico del teatro greco, specie per quel che riguarda la lotta quotidiana per vedere riconosciuti i propri diritti e la dignità di ogni donna. Lo spettacolo segue la via dello scavo psicologico nei personaggi e nei loro rapporti dolorosi e dolenti, rendendo sentimenti e rapporti assoluti e universali nella loro più scoperta quanto complessa umanità. La scelta di Barbara De Rossi di interpretare Medea riporta al teatro un’attrice di primo piano che si rimette totalmente in gioco con la sua scommessa di tornare in scena in uno spettacolo forte che non asseconda le mode. Con lei anche l’attrice ticinese Tatiana Winteler, già ammirata al Teatro Sociale in “L’anno della valanga”, “L’attesa” e “Prossima fermata Bellinzona”. 





Medea di Jean Anouilh
Con: Barbara De Rossi, Tatiana Winteler, Carlo Caprioli, Lorenzo Costa, Fabio Fiori
Regia: Francesco Branchetti
Traduzione: Giulio Cesare Castello
Musiche: Pino Cangialosi
Scene e costumi: Clara Surro
Assistente alla regia: Giuseppe Rispoli
Produzione: Teatro Garage 2015

martedì 22 marzo 2016

Mi fanno ridere i parolai che declamano: «Il terrorismo non si combatte con le armi»





Non siete dei combattenti
Non siete dei martiri
Non siete guerrieri di nessun dio

Siete solo volgari assassini






Come vorrebbe combattere il loro terrorismo cioè un terrorismo che ci sgozza, ci taglia la testa, ci fa saltare in aria a centinaia anzi a migliaia per volta? Davvero coi baci e gli abbracci, il perdono, i volemose-bene di Papa Wojtyla? È proibito anche difendersi da chi ammazza, ora?!?
Oriana Fallaci, Oriana Fallaci intervista sé stessa - L'Apocalisse, 2004

mercoledì 16 marzo 2016

Teatro Sociale Bellinzona - Casa di bambola




Associazione Teatrale Pistoiese Centro di Produzione Teatrale

Casa di bambola di Henrik Ibsen
Adattamento e regia Roberto Valerio
Con Valentina Sperlì, Roberto Valerio, Danilo Nigrelli, Massimo Grigò, Carlotta Viscovo
Scena Giorgio Gori
Costumi Lucia Mariani
Luci Emiliano Pona


Nuova importante sfida produttiva per l’Associazione Teatrale Pistoiese con un nuovo allestimento del celebre dramma di Ibsen: Casa di Bambola. Tornano a lavorare insieme un gruppo di artisti (Valentina Sperlì, Roberto Valerio, Massimo Grigò, Carlotta Viscovo) che hanno realizzato negli ultimi anni spettacoli di valore, apprezzati da pubblico e critica, come Il Vantone di Pier Paolo Pasolini, Un marito ideale di Oscar Wilde e L’impresario delle Smirne di Goldoni, a cui si unisce per la prima volta, un interprete di spessore quale Danilo Nigrelli.
Quando nel 1879 “Casa di bambola” fu rappresentato per la prima volta, il dramma suscitò scandalo e polemica ovunque per la sua lettura come esempio di un femminismo estremo; tanto che in Germania Ibsen fu addirittura costretto a trovargli un nuovo finale, perché la protagonista si rifiutava di impersonare una madre da lei ritenuta snaturata. Ma, al di là di ogni contenuto polemico, il dramma resta opera di una grande e complessa modernità, abitata da personaggi capaci di parlare ancora ai nostri contemporanei.
Partendo da una nuova e attenta rilettura di questo grande classico di fine ‘800, attraverso una riscrittura e rielaborazione scenica del testo, si cercherà di approdare ad uno spettacolo dove il centro sia “il dramma nudo”, spogliato di bellurie ottocentesche e convenzioni borghesi.


Appunti per una regia di Roberto Valerio

Casa di bambola (1879) è un testo complesso e seducente che restituisce molteplici e potenti suggestioni.
È l’intreccio dialettico di una crisi, di una transizione, di un passaggio, di un percorso evolutivo; è il ritratto espressionista (L’urlo di Munch è del 1893) di un disperato anelito alla libertà che crea però angoscia e smarrimento.
I personaggi si muovono in uno spazio scenografico spoglio/essenziale, sghembo, caricaturale, oscillando tra il sogno e la veglia, tra la verità e la menzogna, tra il desiderio e la necessità. Uno spazio onirico che trasfigura la realtà in miraggio, delirio, allucinazione, incubo. Una scena stilizzata per raccontare al meglio un desolante deserto relazionale ed esistenziale popolato non da volti ma da maschere che si apprestano a inscenare un dramma della finzione.
Madre di tre figli piccoli, Nora è sposata da otto anni con l’avvocato Torvald Helmer, che la considera alla stregua di un grazioso e vivace animale domestico. E lei ‘sembra’ felice in questa sua gabbia familiare. Entrambi vittime della loro incapacità di comunicare realmente, entrambi intrappolati in ruoli che si sono vicendevolmente assegnati: lei consapevolmente confusa , lui ignaro e sentimentalmente analfabeta.
Alberga in Nora la consapevolezza repressa di essere stata costretta dal padre e dal marito a vivere nel sortilegio dell’infantilismo e dell’inettitudine. Ma quell’embrionale pallido incosciente rancore svanisce di fronte all’ideale di perfezione a cui ha ancorato l’immagine di Helmer; e così, la relazione tra i due è viziata dalla reificazione e dall’abuso, percepibile nel sottile confine che separa l’oltraggio dal gioco, l’acquiescenza dalla complicità, l’oppressione dalla devozione.
Nora forse non possiede gli strumenti per sottrarsi ai vincoli che la tengono in scacco e le impediscono di evolvere come individuo pienamente cosciente, autonomo, capace attraverso le armi della critica di esercitare pienamente il proprio libero pensiero e incamminarsi sulla strada che conduce all'autodeterminazione (a differenza delle altre due figure femminili create da Ibsen negli anni seguenti: Hedda Gabler e Ellida de La donna del mare).
Ma Nora è senz'altro attraversata, trafitta, tormentata dai germi della ribellione. Nora vuole naufragare. Vuole abbandonarsi nell'oceano infinito del possibile; quel brodo primordiale, quel tutto indefinito e molteplice, creatore di ogni cosa, soffio inquieto e vitale: la libertà. Suggestione vagheggiata, sognata, desiderata ma non agita. Che irrompe con forza crescente nella coscienza di Nora spingendola a intraprendere un cammino doloroso e pieno di insidie verso la maturità.
Ma Nora come la fenice risorgerà dalle sue ceneri e spiccherà il volo verso la felicità? O il solo concetto del tramonto segnerà simbolicamente il suo orizzonte esistenziale? Sarà capace di sopravvivere alla distruzione di quel mondo che nonostante tutto l’ha cullata in acque rassicuranti e arenata in paradisi artificiali?
Non sappiamo cosa ne sarà di Nora. Non sappiamo se sarà davvero capace di accogliere pienamente il cambiamento avvenuto dentro di lei per rifondarsi in una nuova esistenza.
Non ci è dato saperlo. La portata tragicamente attuale di Casa di bambola si declina forse nell'ambiguità del finale. Solo immaginandoci Nora come una donna che vive, pensa, agisce nel nostro tempo presente, possiamo forse investire Casa di bambola di un significato ultimo che non tradisce il testo ma che è capace di parlare a un pubblico contemporaneo.





martedì 15 marzo 2016

Come NON si vede più Netflix in Canton Ticino





Un sentito grazie a quegli stronzi di Netflix che hanno deciso - più o meno in poche ore e senza alcun rispetto per i clienti - di escludere tutti coloro che si connettono a loro in VPN (s'intende una VPN legale come quella che puoi utilizzare per essere in contatto con l'ufficio o comunque quella per navigare senza rompiballe intorno) lasciando di fatto l'uso dello stesso Netflix solo in tedesco e francese al Canton Ticino, fregandosene che l'italiano è una delle lingue ufficiali della Confederazione. Alcuni titoli anche in inglese, bontà loro. Ma comunque rimangono fottute teste idrocefale che ti scrivono pure "Stiamo lavorando a un progetto d'intenti per avere un unico catalogo valido in tutto il mondo"...
Ma che cosa mi interessa del tuo fottuto catalogo (che per altro è già disponibile attraverso un tools seppur illegale).
Risultato? 
Abbonamento snap disdetto e possono anche regalarmelo per i prossimi trecento anni...

Fanculizzatevi scrotaioli stinti.


mercoledì 9 marzo 2016

Metti un pomeriggio in cucina...



Non so voi, ma io sono sgranocchiodipendente: quasi ogni giorno, a orari variabili e quindi non prevedibili vengo colto da un languorino che definirlo feroce è sminuirlo. Orbene, ho trovato modo di soddisfare le mie voglie stomacofile producendo questi cracker, semplici e veloci da fare. Per i più pistini salutisti – ma credo siano pochi di loro a leggere le mie scorribande culinarie – aggiungo anche che sono conditi solo con olio di semi e ricchi di semini vari, utili per facilitare…beh, lo sapete cosa. Ah, sono così buoni che non sfigurano affatto come accompagnamento a un aperitivo o all'antipasto se si è a corto di altre sfiziosità.

Gli ingredienti:
250 gr. di farina 00 ma potete anche sbizzarrirvi e usare, per esempio, metà farina di spelta, integrale o altro sempre però partendo dalla base di farina 00;
30 gr. di olio di semi;
100 ml. di acqua (aumentare o diminuire la dose a seconda delle condizioni climatiche: lo sapete vero?);
5-8 gr. di sale (dipende dal gusto personale);
7 gr. di bicarbonato;
un cucchiaio semi di lino e/o 
un cucchiaio di semi di sesamo e/o 
mezzo cucchiaio di semi di cumino pestati a mortaio. Potete metterli tutti e tre, solo due o uno, dipende anche qui dal gusto personale;
30 gr. di fiocchi d’avena piccoli (potete sostituirli anche con altri fiocchi di cereali ma se sono troppo grandi dovrete ridurli nel mortaio altrimenti i cracker si disferanno durante il taglio).

Gli attrezzi:
ciotola per impastare;
mattarello;
forchetta;
dosatore per liquidi;
ruota dentellata (quella per la pasta);
carta forno.




Come si fanno:
Accendete il forno a 200 gradi. Mescolate nella ciotola tutti gli ingredienti secchi, aggiungete olio e acqua e amalgamate il tutto per ottenere un panetto morbido. Tagliatelo in due e distendete la prima metà sulla spianatoia (per questi lavoretti a base di olio uso un foglio di silicone, tipo Ikea, così non ungo l’asse di legno), lavoratela con il mattarello cercando di tirarla più sottile possibile – 2 millimetri, per esempio -  e di darle la forma rettangolare della teglia che userete insistendo con il mattarello sugli angoli tondeggianti. Non preoccupatevi troppo di ottenere una forma perfetta con angoli retti, gli “sfridi” avranno vita breve, infatti serviranno a controllare il grado di cottura e a tenere a bada gli avvoltoi di famiglia: richiamati dal profumino dei semi caleranno in cucina con le scuse più fantasiose e vi toccherà tenerli a bada appunto con i ritagli, notoriamente di precoce cottura rispetto al resto.






Distendete la pasta sulla carta forno e tagliatela a quadrati con la ruota dentellata. Se non siete sicuri di andare diritti aiutatevi con un utensile qualsiasi, per esempio un largo pennello da cucina o un righello. Bucherellate la pasta velocemente con i rebbi della forchetta almeno due o tre volte per ogni quadrato (questa operazione è indispensabile per permettere all'umidità di uscire in fretta), spolverate di sale e infornate per 10 minuti o più a seconda del forno.
Quando sono dorati toglieteli dal forno e disponeteli sulla griglia per farli asciugare.
Ripetete lo stesso procedimento con l’altra metà della pasta.
Una volta raffreddati si conservano per qualche giorno chiusi nella scatola di latta. Ma non contateci troppo di solito finiscono in giornata…



lunedì 7 marzo 2016

Metti un sabato “normale” con qualche fiocco annunciato e trasformalo in un incubo.

Vocabolario:
Eccezione: oltre la norma.

Inseriamo il termine in una frase: Che cos'è una nevicata eccezionale?
Una nevicata il quindici di Agosto a Loano (Liguria) si potrebbe definire una nevicata eccezionale mentre la stessa - nello stesso giorno - sul Monte Bianco no.
Una nevicata che, malgrado le previsioni, dura senza interruzioni da più giorni la si può definire eccezionale.
Però, se la meteo annuncia che nevicherà copiosamente e manda una allerta di livello 3 per tutto il cantone, questa non è per un cazzo una nevicata eccezionale: è solo una fottuta nevicata durante il periodo invernale. Forse a qualcuno sfugge ma Marzo è un mese ancora invernale e le nevicate in questo periodo sono normali. Quindi sono già incazzato per come una massa di decelebrati indica un fenomeno normale e annunciato come se fosse innaturale che accadesse.
Ma ancor più incazzoso mi fanno diventare coloro che amministrano e gestiscono le strade, gli autisti dei TIR che – seppur io sia un generico difensore della loro categoria – fanno finta che la neve sia una cosa fantasiosa e, ultimi ma non meno coglioni, tutti quelli che d’inverno viaggiano con le gomme estive, hanno i SUV e non li sanno guidare, comprano la Cayenne con le gomme da settordici pollici ribassate extra performanti sull'asciutto e si lamentano che quando nevica non stanno in strada e gli idioti che hanno la roulotte più grande dell’auto a mezza ruota motrice e si divertono a sbandare in autostrada…
Ora, riassumendo: 
L’evento nevoso è stato più volte annunciato da Meteo Svizzera che ha anche diramato l’allerta di livello 3 per la neve copiosa sia sotto i 600 metri (davano circa 30 centimetri) che sopra i 600 metri dove la previsione indicava 70 centimetri, come poi è stato.
La stessa Meteo Svizzera ha detto che avrebbe iniziato il mattino presto del sabato e sarebbe tutto finito nella serata. Come previsto, infatti alle quattro del mattino del sabato ho percorso l’autostrada da Melide a Faido e stava cominciando a nevicare.
Mi piacerebbe sapere dov'erano sabato mattina i mezzi di prevenzione – attenzione: non gli spazzaneve – quali la polizia per fermare la massa di sciroccati senza catene o pneumatici invernali o auto a mezza ruota motrice o TIR e pullman che hanno affrontato la salita del Monte Ceneri sia in autostrada che sulla cantonale rimanendo così bloccati e tagliando in due il cantone per oltre mezza giornata. Lo stesso vale per le cantonali dove imperversavano guidatori che pattinavano e si piantavano sui bordi delle strade come fosse il giorno dell’apocalisse.
E dove cazzo sono – in un cantone che emana leggi a raffica manco fossimo in Italia – le normative riguardo l’uso dei mezzi di trasporto in inverno come se questo non ci riguardasse dato che viviamo a Papeete.  Forse non sanno che la Svizzera – a dispetto della piana di Magadino – è un paese MONTANO? E che sarebbe indispensabile obbligare tutti i veicoli da un certa data in poi, per esempio il 15 Novembre, a montare pneumatici da neve o avere a bordo le catene? E controllare che questo avvenga?
E infine due domande finali: perché tocca a me pagare con le tasse e le accise presenti e future il prezzo dello sgombero e rimozione dei mezzi impantanati e non invece a tutti ‘sti stronzi che non si prendono la briga di attrezzarsi per l’inverno? Perché invece di starnazzare per l’inquinamento atmosferico in generale, nessuno starnazza per l’inquinamento particolare provocato da questa deficitaria gestione del traffico, visto che i riscaldamenti accesi di tutti i veicoli fermi avranno immesso nell'aria un impressionante quantitativo di emissioni dannose? Dove sono i soliti Verdi sempre pronti a sputare sentenze in questi casi?
In tutto questo, il fatto che io abbia impiegato sette ore di quel maledetto sabato (dalle 11 alle 18) per andare da Calpiogna a Campione è quasi marginale. Giuro.


venerdì 26 febbraio 2016

Non posso votare ma potendo sarebbe: si al raddoppio del Gottardo








Rocco Cattaneo (presidente Plrt) - Scegliere tra coraggio e paura

A poche ore dall'appuntamento con le urne voglio ribadire che due tra gli oggetti in votazione il 28 febbraio saranno determinanti per il futuro del nostro Cantone: il risanamento della galleria autostradale del San Gottardo. Si tratta di scegliere tra futuro e passato, tra coraggio e paura, tra rinnovamento e immobilismo. Dobbiamo puntare al raddoppio per migliorare l’attrattiva del Ticino. Per garantire occupazione, benessere e competitività economica.
Al risanamento del Gottardo bisogna votare Sì per almeno due semplici motivi. Il primo è la sicurezza. Il secondo è che, senza la seconda canna, il Ticino resterà isolato dal resto della Svizzera e dell’Europa per tre anni. Perché, volenti o nolenti, la galleria andrà risanata.
A chi si oppone, pongo questa domanda: chi pensate che deciderà ancora di investire in un Cantone destinato all'isolamento dal resto della Svizzera? Gli oppositori stanno facendo di tutto per denigrare il progetto con fanatismo ideologico ma, soprattutto, senza essere mai riusciti a proporre una valida alternativa.
Il risanamento del tunnel è stato inserito in una legge specifica, che impedisce di utilizzare la galleria con due corsie per senso di marcia. Ecco perché il traffico non aumenterà e la seconda canna non inciderà dunque sui volumi di traffico del Sottoceneri.

Gottardo che resta una delle gallerie più pericolose d’Europa: dal 1980 ad oggi si contano infatti ben 37 morti, contro i 9 del tunnel del Seelisberg, aperto nel medesimo anno e con un volume di traffico superiore al Gottardo! Il fanatismo e le motivazioni ideologiche paralizzano il progresso e uccidono lo spirito imprenditoriale, senza il quale l’economia muore. Pensiamo al turismo, che già sta vivendo una crisi epocale: proviamo a immaginarci gli effetti devastanti che avrà su questo settore una chiusura prolungata dell’unico collegamento autostradale con il Nord delle Alpi. Pensiamo alle relazioni d’affari internazionali, alla piazza finanziaria, che già vive gravi difficoltà… Pensiamo ai nostri posti di lavoro!

mercoledì 24 febbraio 2016

L'accademia del Nero: imparate l'italiano, idioti.

Se possiedi le parole, possiedi le cose.



Sempre più spesso - come già accennato in altri post - mi tocca subire gli stupri inflitti alla lingua italiana da parte di persone il cui cervello è funzionalmente inattivo: come se fosse stato asportato perché leso in modo grave da processi patologici. 
Per esempio mi riferisco all'uso improprio, errato, sbagliato, fallato, mancato di "a posto" e "apposto", roba che mi fa oltremodo incazzare.

Vediamo di capirci per bene:

a posto è una locuzione
Ho messo a posto la macchina;
Voi non avete il cervello a posto.

Il Papa ha apposto il sigillo Anulus piscatoris;
La firma che ho apposto è autentica.


Come disse il paracadute...Mi sono spiegato?

lunedì 22 febbraio 2016

Teatro Sociale Bellinzona - Decamerone: vizi, virtù passioni.



Decamerone: vizi, virtù, passioni.
Liberamente tratto dal Decamerone di Giovanni Boccaccio

Adattamento e regia: Marco Baliani
Drammaturgia: Maria Maglietta
Scene e costumi: Carlo Sala
Disegno luci: Luca Barbati
Produzione: Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo, 2014


Con:
Stefano Accorsi – Panfilo – Mastro di Brigata 
Silvia Ajelli – Fiammetta – L’innamorata
Salvatore Arena – Filostrato – Il fedele 
Silvia Briozzo – Elissa – La generosa
Fonte Fantasia – Pampinea – La giovine 
Mariano Nieddu – Dioneo – Lo scaltro


Le storie servono a rendere il mondo meno terribile, a immaginare altre vite, diverse da quella che si sta faticosamente vivendo. Le storie servono ad allontanare, per un poco di tempo, l’alito della morte. Finché si racconta, e c’è una voce che narra siamo ancora vivi, lui o lei che racconta e noi che ascoltiamo. Per questo nel Decamerone ci si sposta da Firenze verso la collina e lì si principia a raccontare. La città è appestata, servono storie che facciano dimenticare, storie di amori, erotici, furiosi, storie grottesche, paurose, purché siano storie, e raccontate bene, perché la morte là fuori si avvicina con denti affilati e agogna la preda. Abbiamo scelto di raccontare alcune novelle del Decamerone di Boccaccio perché oggi ad essere appestato è il nostro vivere civile. Percepiamo i miasmi mortiferi, le corruzioni, gli inquinamenti, le mafie, l’impudicizia e l’impudenza dei potenti, la menzogna, lo sfruttamento dei più deboli, il malaffare.

In questa progressiva perdita di un civile sentire, ci è sembrato importante far risuonare la voce del Boccaccio attraverso le nostre voci di teatranti.
Per ricordare che possediamo tesori linguistici pari ai nostri tesori paesaggistici e naturali, un’altra Italia, che non compare nei bollettini della disfatta giornaliera con la quale la peste ci avvilisce. Per raccontarci storie che ci rendano più aperti alla possibilità di altre esistenze, fuori da questo reality in cui ci ritroviamo a recitare come partecipanti di un globale Grande Fratello.
Perché anche se le storie sembrano buffe, quegli amorazzi triviali, quelle strafottenti invenzioni che muovono al riso e allo sberleffo, mostrano poi, sotto sotto, il mistero della vita stessa o quell'amarezza lucida che risveglia di colpo la coscienza. Potremmo così scoprire che il re è nudo e che, per liberarci dall’appestamento, dobbiamo partire dalle nostre fragilità e debolezze, riconoscerle e riderci sopra, magari digrignando i denti.

Marco Baliani 




domenica 21 febbraio 2016

Tale è la forza del vero che, come il bene, è diffusivo di sé.




Ubertino: Quando la femmina, che per sua natura è tanto perversa, diventa sublime per la sua santità, essa può essere il più nobile veicolo della grazia...Pulchra enim sunt ubera, quae paululum supereminent. [Il nome della rosa]

venerdì 12 febbraio 2016

Alla lunga, la tolleranza genera più mali dell'intolleranza. (Emil Cioran, L'inconveniente di essere nati, 1973)



Succede: mi fermo per pensare a ruota libera - capita frequentemente - e scopro di aver preso, in un momento imprecisato, la decisione di non tollerare più tutta una serie di stronzate che la "civiltà" odierna pretende di imporre. Una di queste è lo scontro: ormai è bandito, proibito, esiliato. Non intendo quello militare (che già ha i suoi problemi) ma quello fra le persone. Sono nato e vissuto in quell'arco temporale dove si menavano le mani, dall'asilo all'università, dall'oratorio al campo di basket. Per tanto o poco che fosse ci si picchiava perché se dicevi o facevi una cosa che superava il limite, subito dovevi fare a cazzotti. Lo dovevi fare in quanto il tuo interlocutore (a volte erano al plurale) non tollerava quello che avevi detto o fatto, provava rabbia e la esprimeva in un misto di parole e fatti: i cazzotti, appunto.
Questo era un bene, anzi un benissimo, così imparavi che le parole e i gesti e i fatti hanno un limite e se lo superi finisce a botte. Non aveva nessuna importanza vincere o perdere, comunque si davano e si prendevano ed era propedeutico per capire che non puoi avere troppi "nemici" perché non puoi passare la vita a menarti come se non ci fosse un domani. Lapalissiano, no? Fare a pugni significava qualche naso e mano sanguinante, occhi pesti e male ai testicoli ma ne valeva la pena, il limite della tolleranza tua e degli altri era chiaro e preciso come il teorema di Pitagora. S'imparava quindi a non infastidire, petulare, fastidiare (magari come verbo non esiste ma rende l'idea): insomma, a non essere rompicoglioni. Se tu superavi o un altro superava questo limite, scattava immantinente la lotta.
Purtroppo oggi - nel senso da qualche lustro - non è più così. La mancanza di socializzazione fra i ragazzi nella vita di tutti i giorni, il passare ore e ore fra pc, console e smartphone ha ottenuto il risultato che questi non si menano più. Riescono a sopportarsi ma non a conoscere i limiti della tolleranza perché non si frequentano quasi mai “dal vivo”. Ergo non sanno e non capiscono che esistono questi limiti e che rendersi fastidiosi ecc ecc verso gli altri vuol dire, a un certo punto, costringere la gente a incazzarsi e rispondere perlomeno a tono. Ma questa società "civile" non vuole che accada, scherzi?, e ti obbliga a "dialogare e parlare" e se qualcuno ti infastidisce è una “provocazione” e devi vincere con le tue ragioni. Stronzate. 
Se uno vuole discutere di ragioni mi sta bene però lo deve fare in modo da non darmi fastidio. Significa sviluppare a priori una sensibilità attraverso cui nota il segnale di fastidio iniziale e si ferma in tempo. Invece no: loro non hanno mai scazzottato quindi non hanno mai imparato a distinguere la linea dell'intolleranza, un lampeggiante “stop” impossibile da ignorare. Su internet, poi, non ne parliamo: siccome non puoi neanche menarti, son tutti leoni da tastiera dove credono sia lecito dire quello che vogliono sfinendoti e non potresti (società docet) avere neanche il diritto di sfancularli.
Spiacemi ma i limiti ci sono e ci tengo anche molto a mantenerli tali: limitatissimamente limitati. Voi  fanciulli siete convinti che tutti vi debbano sopportare e tollerare ma sono vecchio e da giovine facevo a cazzotti. Quando uno - appositamente o meno - mi provocava otteneva cazzotti. E lo stesso facevano gli altri con me. Se siete dei “provocatori”, se le vostre frasi irritanti entrano nel novero delle “provocazioni”, ebbene io vi mando tranquillamente a soddisfare le voglie di chi preferisce il retro al fronte. Senza nessun pentimento postumo. Non è una questione di avere delle ragioni o meno. Me ne fotto delle ragioni se la gente non si premura di non rompermi il cazzo. Quando il rischio della scazzottata era nell'aria, prima di interagire con una persona ci si chiedeva al volo se si voleva diventare un problema per lui. E se la risposta era sì, bisognava anche chiedersi di quanto si voleva diventarlo. Oggi non più: tanto, dietro il monitor non succede nulla. Però, anche nel mondo di internet, esistono dei luoghi dove è possibile mettervi in difficoltà, fanciulli: cancellarvi da un social, bannarvi da un forum (essere moderatore in alcuni offre grandi possibilità al riguardo) piuttosto che segnalare urbi et orbi quanto siete rompicoglioni. Non per altro vengo rimproverato sovente perché banno facilmente. Sbagliate: non è vero che è facile. Semplicemente ho stabilito dei limiti oltre i quelli non potete "esistere nel mondo virtuale" e quindi vi banno o cancello. Ripeto: se siete fastidiosi date fastidio e a me il fastidio non piace. In altre parole: io non ho mangiato la mela e quindi adesso devo partorire con dolore e guadagnarmi il pane con il sudore della fronte: quella è roba per i santi e io a quelli non credo. Pertanto non son tenuto a sopportarvi. Così, non me ne frega una mentula di argomentare, se infastidite: io sono tra quelli che hanno deciso di non tollerare. Rompete gli zebedei e vi sfanculo. Vi comportate in maniera insultante e vi sfanculo. Secondo la società odierna il dialogo è moralmente obbligatorio, ci vuole il contraddittorio e non so che altro. Non mi interessa la malata società odierna. Quindi fanculo a lei e a voi infastidenti.
In verità, come non avete capito che essere fastidiosi sul web porta comunque a delle conseguenze, così non avete capito che anche nella vita reale succede; se siete quelli fastidiosi, provocanti, fraintesi, quelli della verità scomoda o siete complottisti, quelli del rompere l'ipocrisia o altro ancora, vi staranno alla larga tutti. Se non riuscite a parlare senza irritare e poi dite di “essere stati fraintesi”, rompete i coglioni e la gente preferisce un’afta epizootica alla vostra compagnia. Se avete sempre una verità scomoda da declamare, dopo un pochino uno si stufa di tutta questa scomodità (dopotutto non ho mai fatto voto di sapere la verità a costo di rimetterci il fegato e tra il fegato e la verità mi tengo il fegato) e cambia poltrona.
Se fuori da Internet siete le stesse persone, e non vedo come potrebbe essere diversamente, la gente ne ha piene le palle di voi. E vi evita perché siete dei petulanti rompipalle. Così, andate per forum, social, blog a commentare (!). Ecco: quando mi capitate fra i piedi o vi riconosco dai post (siete come le impronte digitali: facili da individuare) posso fare quello che fanno gli altri quando andate da loro con la verità scomoda e gli rompete le ipocrisie con le vostre provocazioni. Sfancularvi, cancellarvi, bannarvi. Non ho il dovere di dovervi sopportare oltre lo stretto necessario per eliminarvi. Non sono tenuto al contraddittorio né al dibattito.
Non sono tenuto a nulla se non al mio piacere di vivere in pace.

mercoledì 27 gennaio 2016

La giornata della Memoria diventerà merchandising?




Il giorno della Memoria mi sembra diventato come San Valentino dove pare ci si ami solo il 14 febbraio, o Natale dove forzatamente si è tutti più buoni. Per non parlare della giornata delle donne, quella dei gay o quella dell'autismo e siamo arrivati al punto grottesco di avere la giornata mondiale dei vegani! Così il 27 gennaio tutti si "devono" sentire tristi e tenere viva la memoria per l'orrore nazifascista mentre il 28 gennaio è già il giorno del nulla e del niente e la shoa sarà solo un ricordo da accantonare velocemente e da riesumare il prossimo anno.
Non servono a nulla i giorni della memoria se poi nel resto dell'anno in tv si fa propaganda  di parte (di qualsiasi parte), non servono a nulla i giorni della memoria se poi si vive nella prepotenza e nell'intolleranza, se poi vediamo in giro per le strade svastiche e croci celtiche disegnate da ragazzini minorenni e coglioni (più o meno come i genitori) che hanno il mito della violenza e non conoscono il significato vero di quei simboli; non serve a nulla il giorno della memoria se poi nei licei ci sono professori che odiano i neri e farneticano che l'olocausto non sia mai esistito. Il giorno della memoria (e altri similari, se proprio devono esserci) dovrebbe durare per sempre, essere uno stato d'animo costante e permanente affinché si debelli quel cazzo di virus mentale che porta molti ignoranti a distinguere l'umanità in razze più o meno forti secondo idee del tutto campate per aria. Intendiamoci, non sto dicendo che ci si debba alzare ogni mattina con in testa le immagini delle deportazioni o delle parole di Primo Levi ma non mi piace neppure che il giorno della memoria diventi uno dei tanti giorni particolari, fine a se stesso, all'interno di un calendario. 
Perché mi girano particolarmente alcune parti nobili del mio corpaccio all'idea che sia obbligatorio avere per statuto "la giornata salamadonnapercosastavolta" come se la gente comune non fosse dotata (oddio, qualche eccezione c’è ma facciamo finta di niente) di sufficiente cervello per sapere che cosa successe un tot di anni addietro. Se, come sembra, è obbligatorio allora pretendo la giornata della conquista di Cartagine, quella di Marco Polo, quella della liberazione del primo schiavo negli USA e mille altre ancora affinché ci voglia il calendario di Alfa Centauri per contenerle tutte. Questa in particolare non ancora ma tra poco diventerà mercificata come tutte le altre stronze giornate mondiali in favore di qualcosa: si andrà a comprare un "gadget" magari pure estremamente divertente e lo si regalerà come fosse un mazzo di fiori alla propria amata e la si porterà anche a cena fuori. Vuoi mettere che figata scopare il giorno della Memoria?

Detto ciò, immenso rispetto per chi ha sofferto quegli orrori, per i parenti delle vittime e per tutti quelli che ancora oggi nel mondo stanno subendo le stesse sciagurate nefandezze, se non peggio, di quegli anni terribili.