giovedì 14 aprile 2016

Fregatene. Fregatene di cosa ne pensa la gente. Fregatene dei loro giudizi. Pensa solo a te stesso e stupiscili! - Kobe Bryant

A un certo punto uno mi ha detto: "Beh, il problema dei Gran Premi è che recentemente sono diventati noiosi e inoltre tu sei da sempre un malato di nostalgia, al ginnasio rimpiangevi le medie, alle medie le elementari, eccetera."
Ora: non è colpa mia se quando avevo vent'anni c'era The River di Springsteen e oggi va forte Justin Bieber...
Dopo di che, non è colpa mia se Senna-Prost-Mansell non ci sono più.
E da oggi non ci sarà più Kobe Bryant: così come Larry Bird, Kareem Abdul-Jabbar, Magic Johnson, Robert Parish, Shaquille O'Neal o Charles Barkley o ancora Michel Jordan.
E non è colpa mia se Springsteen è (molto) meglio della musica di oggi.



Questa è una storia che inizia oltre 20 anni fa.

Nel variopinto mondo delle paytv, all'epoca, c’era Tele+. Un’epoca con molti meno canali e molto meno spettacolo, senza internet, streaming e altre forma di informazioni che non fossero il Televideo.
La mattina, però, Tele+ passava “SportCenter” una sorta di striscia quotidiana sullo sport USA. Io e mio fratello, prima di andare a scuola (!) guardavamo gli highlights della notte dei campionati americani: MLB, NHL, NFL ed ovviamente NBA. Ed era spettacolo puro.

Poi ci fu il draft del 1996 durante l’estate. Io stavo per iniziare l’ultimo anno di liceo; la squadra per cui simpatizzavo fin da bambino, grazie ad un tipo con la maglia numero 32 di nome “Magic”, prese sotto contratto un ragazzino che aveva finito le scuole superiori 1 mese prima. Un mio coetaneo, in pratica. Quel ragazzo si chiama Kobe Bryant.
Appresi che questo ragazzino avesse vissuto in Italia. Buffo. Durante l’ultimo anno di scuola, la mattina guardavo i risultati della notte: i Lakers, guidati da un giovane centro molto molto grosso con la maglia numero 34, stavano facendo una bella stagione. Ed il mio coetaneo, che certo non partiva titolare tutte le partite, pure si difendeva, lasciando intravedere che il ragazzo avesse delle qualità.
Qualità che esplosero in una carriera che è già nel mito, dove probabilmente ha vinto molto meno di quanto avrebbe dovuto per tanti piccoli motivi. Ho passato nottate a seguire i playoff NBA, a vedere quello che era “un giovane interessante” diventare “un ottimo giocatore” transitando molto velocemente verso “una Leggenda del basket”.
Ho visto partite incredibili, dormendo 3 ore a notte per soffrire coi Lakers. Ho visto la tripletta d’inizio millennio, l’incredibile sconfitta contro Detroit nel 2004, ho visto gli 81 punti e un quantitativo di “game winners” da far saltare un paralitico sulla sedia. Ho visto la sconfitta con Boston, e la doppietta 2009-2010. Ho visto quella memorabile gara 7 delle finali del 2010 dove a metà del terzo i gialloviola perdevano di 13, e poi non si è capito più nulla.

Ho visto purtroppo quella rottura del tendine di 3 anni fa, e la tua testardaggine a volerci riprovare. Ho visto altri 2 infortuni, ho visto un uomo di 35 anni fare ancora magie con lampi di una classe infinita. Ho visto un sacco di cose fatte da quel ragazzo sempre un po' meno giovane ma ancora capace di cose incredibili.
Stamattina, mi sono svegliato e come 20 anni fa ho controllato subito i risultati della notte NBA. Non c’è SportCenter, c’è l’app NBA. Non c’è il televideo o Tele+, c’è Sky. Ma per un’ultima volta c’è ancora Kobe.
Ho visto che nella tua ultima partita hai pensato bene, per non sbagliare, di farne 60. Ho visto tutti i canestri e ho visto alcuni di quei movimenti che per anni han fatto piangere le difese avversarie ed esplodere i commentatori.

Chi se ne frega di chi è stato o sarà il numero 1 2 o 3 di questo gioco. Hai fatto sognare me e miliardi di appassionati in tutto il pianeta.
Grazie di tutto, Kobe



Da un post di Giulio Astarita su Facebook