martedì 16 giugno 2015

No, non hai diritto alla tua opinione. Di Patrick Stokes

Traduzione di uno scritto di Patrick Stokes, lettore di filosofia presso la Deakin University di Melbourne, Australia. L’articolo originale si intitola “No, you’re not entitled to your opinion” ed è leggibile integralmente in lingua originale qui.

Buona lettura e, soprattutto, buona riflessione.




Ogni anno cerco di fare almeno due cose con i miei studenti almeno una volta. Innanzitutto, cerco di dar loro importanza chiamandoli “filosofi” – un po’ banale, ma auspicabilmente incoraggia un apprendimento attivo.
Secondariamente, affermo qualcosa di questo tipo: “Sono sicuro che avrete sentito l’espressione ‘ognuno ha diritto alla propria opinione’. Forse l’avrete detta voi stessi, magari per bloccare una discussione o per portarla a conclusione. Bene, non appena entrate in questa stanza, questo non è più valido. Non avrete più diritto alla vostra opinione. Avrete diritto solo a ciò che potrete provare.”

Un po’ rude? Forse, ma gli insegnanti di filosofia devono insegnare ai loro studenti come strutturare e difendere un ragionamento – e a riconoscere quando una convinzione è divenuta indifendibile. Il problema con l’assunto “ho diritto di avere la mia opinione” è che, sin troppo spesso, è utilizzata per difendere convinzioni che avrebbero dovuto essere abbandonate. Diventa un’abbreviazione per “io posso dire o pensare quello che voglio” – e, per esteso, continuare a contrastare è in qualche maniera irriverente. E questa attitudine porta, io sostengo, alla falsa equivalenza tra esperti e non esperti, che è una crescente e perniciosa caratteristica del nostro discorso pubblico.

Innanzitutto, cos'è un opinione?

Platone distingueva tra opinione o credenza comune (doxa) e conoscenza certa, e questa è una distinzione ancora valida oggi: diversamente da “1+1=2″ o “non ci sono cerchi quadrati”, un’opinione possiede un certo grado di soggettività e di incertezza. Ma l'”opinione” parte da gusti o preferenze, attraversa domande che preoccupano la maggior parte della popolazione, come l’economia o la politica, sino ad argomenti che poggiano sull'esperienza tecnica, come le opinioni scientifiche o legali. Non si possono realmente discutere le opinioni del primo tipo. Sarei stupido ad insistere nell'affermare che sbagli a pensare che il gelato alla fragola è più buono di quello al cioccolato. Il problema è che qualche volta implicitamente consideriamo che le opinioni della seconda, o anche della terza specie, siano indiscutibili nella stessa maniera dei gusti personali. Probabilmente questo è uno dei motivi (non dubito ce ne siano altri) per cui degli entusiastici dilettanti ritengono di aver titolo a non essere d’accordo con climatologi e immunologi e che i propri punti di vista debbano essere “rispettati”.
Meryl Dorey è la leader dell'”Australian Vaccination Network”, che, nonostante il nome, è completamente contrario ai vaccini. La Sig.ra Dorey non ha nessuna qualifica medica, ma sostiene che se Bob Brown (politico australiano) ha il diritto di commentare sull'energia nucleare nonostante non sia un fisico, lei dovrebbe avere il permesso di commentare sulle vaccinazioni. Ma nessuno ritiene che il Dr. Brown sia un’autorità sulla fisica delle fissioni nucleari; il suo compito è commentare sulle risposte politiche alla scienza, non sulla scienza in sé.

Quindi, cosa vuol dire avere “diritto” alla propria opinione?

Se “Tutti hanno diritto ad avere la propria opinione” significa esclusivamente che nessuno ha il diritto di vietare alla gente di pensare e di dire quello che vogliono, allora la frase è vera, seppure abbastanza banale. Nessuno può vietarti di dire che i vaccini causano l’autismo, indipendentemente da quante volte questa supposizione sia stata smentita. Ma se “diritto ad un’opinione” significa “avere il diritto che i propri punti di vista siano trattati come seri candidati per la verità” allora la frase è chiaramente falsa. E anche questa è una distinzione che tende a essere confusa.
Un lunedì, il programma della rete ABC Mediawatch ha portato ad esempio il programma di WIN-TV Wollongong per un servizio su un’epidemia di morbillo che conteneva commenti di – lo avrete indovinato – Meryl Dorey. In risposta alle lamentele di uno spettatore, WIN ha risposto che la storia era “accurata, onesta e bilanciata e che presentava i punti di vista dei medici e dei gruppi di scelta”. Ma questo implica un uguale diritto ad essere ascoltati su una materia nella quale solo una delle due parti ha un’esperienza di rilievo. Ancora una volta, se si parlasse di risposte politiche alla scienza, questo potrebbe essere ragionevole. Ma il cosiddetto “dibattito” in questione è sulla scienza in sé, e i “gruppi di scelta”, semplicemente, non hanno diritto ad andare in onda, se quello è il punto dove si è in disaccordo.
Il conduttore di Mediawatch Jonathan Holmes è stato ancora più diretto: ” ci sono le prove e ci sono le cavolate” e nessuna parte del lavoro del giornalista consiste nel dare uguale tempo alle cavolate come all'esperienzaLa risposta degli anti-vaccinisti è stata prevedibile. Sul sito di Mediawatch, la Sig.ra Dorey ha accusato ABC di “richiedere apertamente la censura su un dibattito scientifico”. Questa risposta confonde il fatto che la propria opinione non venga presa seriamente con il non aver diritto di avere o di esprimere quelle opinioni o, per prendere in prestito una frase di Andrew Brown, “confonde il perdere una discussione con il perdere il diritto di discutere”. Ancora una volta, due significati di “diritto” ad avere un’opinione sono confusi qua.

Quindi, la prossima volta che sentite qualcuno dichiarare di aver diritto alla propria opinione, chiedete perché ritiene che sia così. Ci sono buone possibilità che, se non altro, così facendo finirete con avere una discussione più piacevole.