domenica 11 gennaio 2015

Manuale di conversazione col complottista irriducibile


Il computer non è una macchina intelligente che aiuta le persone stupide, anzi è una macchina stupida che funziona solo nelle mani delle persone intelligenti.


Si possono convincere persone della bontà delle proprie idee politiche e addirittura della propria religione (pacificamente, s’intende). Ma c’è una “razza”, ovviamente fra virgolette, che non si riuscirà mai e poi mai convincere: quella dei complottisti.




Quei soggetti, di varia estrazione, che – sull'onda dei sofisti o di Hume – mettono in dubbio tutto perfin l’aria che respirano, notoriamente inquinata dalle scie chimiche. Contro di loro, di fondo, non si può far altro che soccombere. Per i combattenti desiderosi di confrontarsi con una battaglia più grande di loro, però, possiamo suggerire un paio di dritte per confutare le idee dei complottisti de noantri sulla strage di Charlie Hebdo. Quella che per alcuni è stata architettata dal governo francese, da Marine Le Pen, o dall'immancabile accoppiata Cia&Mossad da tempo esperti in immancabili complottoni di matrice pluto-giudaico-massonica.

Ebbene il complottista in questione sostiene che nessun terrorista avrebbe mai lasciato la carta d’identità nell'auto. E che dunque è ovvio che è stata messa lì da qualcuno (non si capisce quando) per deviare le indagini e colpevolizzare due poveretti qualsiasi. Al che potresti obiettare che i fratelli Kouachi, benché spietati e sanguinari, non avevano alle spalle decenni di preparazione e addestramento in campi terroristici (figuriamoci che uno faceva il rapper) e che quindi un errore potrebbero benissimo averlo fatto; oppure si potrebbe pensare che in realtà la carta d’identità non sia mai davvero stata ritrovata e che la polizia abbia dichiarato ciò per non dover giustificare come è venuta a conoscenza dell’identità dei due assassini. Ma no il complottista vero, alla Aldo Giannuli, ti dirà che non è possibile: di sicuro quella carta d’identità è stata lasciata lì di proposito per depistare le indagini. I colpevoli saranno di sicuro agenti segreti americani o israeliani che hanno finto di sbagliare indirizzo per farsi scambiare per dilettanti.

Anche perché – dicono – c’è un problema: i due fratelli terroristi sono stati visti con due auto con gli specchietti di colore diverso. “Cos'è li hanno riverniciati?” Si è chiesto qualcuno in un commento sulla pagina del presidente del Caim Davide Piccardo. Al che potresti citargli il virgolettato dell’articolo comparso l’altro ieri su Repubblica secondo cui il famoso “terzo complice” (di cui si stanno ancora verificando eventuale


responsabilità) «sarebbe stato alla guida delle diverse auto durante l’operazione». Più auto=colori diversi. Ma nella mente del complottista ciò è impossibile: sicuramente sono stati prelevati da qualche commando di agenti segreti e messi in salvo, usando altre macchine per depistare il tutto.

Altra tesi suggestiva quella secondo cui obiettivo dell’attentato non sarebbe stata l’intera redazione di Charlie Hebdo bensì un uomo solo:Bernard Maris, 68 anni, un famoso economista di sinistra che scriveva di finanza. Editore di Charlie Hebdo e membro del consiglio generale della Banca di Francia avrebbe pagato la sua simpatia per le teorie economiche dikeynesiane in un periodo in cui l’alta finanza domina l’Europa col suo dogma neoliberista. Tutti gli altri, da Charb a Wolinski, da Cabu a Tignous e tutti gli altri redattori sarebbero stati “danni collaterali” dell’operazione. Al che al complottista potresti obiettare che è assurda un’azione del genere quando avresti potuto ammazzare Maris al suo ritorno a casa. Ma il complottista ti dirà che tutto è servito a far ricadere i sospetti su altri.

Insomma la morale finale è che al complottista puoi dire quel che vuoi. Tanto non ascolterà mai le tue argomentazioni razionali. Sai mica son entusiasmanti quanto un complotto.