sabato 21 settembre 2013

Intervallo metafisico 2

Prima o poi capita a tutti. 
Un mattino ti alzi, vai in bagno per l’indispensabile sosta meditativa che mentre libera il corpo dalle negatività accumulate sveglia gli ingranaggi del cervello e attingi a quello che nei bagni seri non manca mai: il portariviste o, a scelta, il portalibri. 

Cerchi la pagina che ti interessa, la trovi e hai un sussulto: qualcuno nottetempo, come in una sequenza degna di “Shining”, ha spalmato tutta la pagina di qualcosa di inquietante e vischioso. Trasparente e allo stesso tempo opaco ha invaso tutte le righe e le foto che volevi guardare. Sfiori la carta e non succede niente: nessun residuo appiccicoso sulle dita, in compenso lettere e figure rimangono ostinatamente indefinite. 
Ti stropicci gli occhi. Niente. Provi a chiuderli uno per volta: si manifesta un’allarmante, anche se lieve, differenza fra una mancata messa a fuoco e l’altra. 
Allunghi le braccia tenendo la pagina come in un virile presentat’arm, dai una sbirciatina e allora capisci che il momento è arrivato: nel tuo prossimo e immediato futuro c’è un paio di occhiali.

Se questo succede in terra straniera (per esempio francese) e tu hai bisogno a tutti i costi di vedere bene perché da dopodomani sera hai un impegnuzzo al casinò per soddisfare le legittime curiosità dei tuoi lettori, puoi fare solo una paio di cose: fiondarti in un negozio di ottica oppure aggirarti intorno all'espositore di occhiali al megasupercentrocommerciale e sperare di risolvere il problema in semiautonomia.

Un paio d’ore dopo sei incazzato e hai mal di testa, esistono tutti i tipi di occhiali possibili ma il “tuo”, quello che risolve “davvero” il “tuo” problema non c’è, bisogna per forza farselo prescrivere da un oculista. 
E’ ovvio che Cannes pullula di oculisti ma sceglierlo è un terno al lotto. 
Inizia così una concitata “caccia all'oculista"  che coinvolge tutti, dal portinaio del condominio al vicino di casa, al giardiniere tuttofare che col-mestiere-che-fa-uno-lo-conosce-per-forza. 
Alla fine si estrapola un nome, il personaggio è affidabile, ti riceve subito e si annida lungo uno dei boulevard di Cannes, proprio vicino al casinò. Mentre parti a razzo verso tale destinazione un’equazione saetta velocissima fra le sinapsi affannate: specialista + urgenza + studio in centro = parcella da capogiro. Fa’ niente, per PokerJam questo e altro.

La visita è immediata, il medico autorevole, mette una certa soggezione, quasi quasi ti senti fin colpevole di essere lì a rompergli le scatole. 
Dopo una mezz'oretta di manovre e contromanovre dietro e davanti a quegli strani macchinari che sembrano usciti dal set di Matrix, l’oculista sospira, si siede alla scrivania, chiede lo spelling del tuo nome e riempie un foglio di geroglifici, svolazzi, numeri. 
Anzi, due, tre fogli. 
Intanto ti stai chiedendo se gli euro che hai in tasca saranno sufficienti o se invece è meglio pagare con la carta di credito.

L’illustre specialista alla fine allunga i fogli con la tua sentenza oculare e borbotta qualcosa.
“Pardon?” chiedi timoroso.
“Ho detto che mi deve venti euro” ribatte quello asciutto.
“Pardon?” ripeti con l’espressione più idiota possibile.
“E’ anche sordo? Venti euro. E’ il costo della visita. E si ricordi che se è residente qui, anche se straniero, può farsela rimborsare dallo Stato.”
Ti accompagna sbrigativo verso la porta:
“Qui davanti c’è un ottico con cui sono convenzionato. Un paio di occhiali con la mia prescrizione le costeranno ventinove euro. Non chieda lo sconto, è fatica sprecata. Buongiorno.”

Più tardi, passato lo choc, ti chiedi “Ma perché qui e così? Possibile che in un’epoca di strombazzata globalizzazione esistano differenze tanto profonde fa due nazioni quasi simili? Certo, anche qui ci sono cose che non funzionano, però…”

Il giorno dopo sei il felice possessore di un paio di occhiali e riprendi a guardare il mondo attraverso le giuste diottrie. 
Con una tale compiacimento che sei tentato di inventarti qualche altro calo di vista. Così. Giusto per la soddisfazione.